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Cosa sono le microplastiche. Un fattore preoccupante di inquinamento.

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Avete mai sentito parlare di “zuppa di plastica”? Bottiglie, contenitori usa e getta, buste per la spesa: ogni giorno consumiamo plastica che ancora non smaltiamo in modo sostenibile e che finisce per inquinare mari e oceani. Un fenomeno molteplice in cui si collocano anche le microplastiche, di cui sempre più si parla come un fattore emergente e preoccupante di inquinamento. Ma cosa si intende esattamente per microplastiche? L’Agenzia Governativa Efsa definisce microplastiche parti di materiale plastico che alla luce del sole si frantumano in particelle, di dimensioni comprese tra 0,1 e 5 000 micrometri, o 5 millimetri.

Fonti di inquinamento microplastico

Secondo il WWF tutti gli anni almeno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono in mare andando a incrementare la così detta “zuppa di plastica”, un pericolo per l’uomo e l’ambiente. Questi rifiuti di plastica galleggianti nel tempo si frammentano in piccole parti, trasformandosi così in microplastiche e nanoplastiche.
Ma le microplastiche inquinano anche le falde acquifere e i terreni e provengono in particolare dal lavaggio di capi d’abbigliamento sintetici fatti con poliestere, nylon e acrilico. Anche detersivi, dentifrici, prodotti di bellezza e farmaci sono una delle maggiori fonti di produzione di particelle plastiche.

Minaccia per l’uomo e per l’ambiente

La presenza di microplastiche nell’acqua e nei terreni costituisce una minaccia per la natura e per le persone. Le microplastiche finiscono per entrare nella catena alimentare e arrivano all’uomo. Oltre che con prodotti agricoli, le microplastiche arrivano alla catena alimentare anche per mezzo di crostacei e molluschi che ingeriscono le particelle scambiandole per cibo.
E la minaccia è tanto più allarmante perché non ci sono ancora soluzioni per intercettare “a valle” le microplastiche. A seguito di uno studio universitario promosso dall’Istituto di Scienze Marine riguardante uno dei più grandi depuratori del Nord Italia, i ricercatori hanno dimostrato che una grande quantità di microplastiche non viene trattenuta e rimane soprattutto nei fanghi. I fanghi poi, utilizzati come fertilizzante, sono anch’essi dei veicoli verso la catena alimentare. Il terreno infatti è contaminato anche più di mari e oceani. E le cause sono molteplici: non solo i fertilizzanti, ma anche ad esempio le acque piovane che rimuovono dall’asfalto le micropolveri degli pneumatici, processi biologici (come l’ingestione da parte dei vermi) e anche la tecnica della pacciamatura che prevede l’uso di teli di plastica posti sopra il terreno.

Obiettivo europeo 2020

Cosa fare allora per impedire che le microplastiche inquinino ambiente e acque? Evidentemente al momento è possibile intervenire solo limitando la produzione di plastica. Ed è questo l’obiettivo dell’Europa: diminuire preventivamente la produzione di plastica attraverso varie attività, come il calo di produzione di sacchetti di plastica, il divieto di alcuni prodotti di plastica usa e getta e l’aumento dei tassi di riciclaggio per i rifiuti di plastica. L’EU promuove attivamente la riduzione di microplastiche in prodotti che rilasciano queste particelle come tessuti, pneumatici, pitture, mozziconi di sigarette e articoli per la cura personale.

Oltre alla riduzione nell’utilizzo di plastiche, un modo efficace per minimizzare il volume di plastica è costituito dal “Principio delle 3 R”: reduce, re-use e recycle, che può portare alla creazione di un’economia circolare e a una maggiore consapevolezza. La sensibilità verso questi temi è il primo indispensabile passo alla responsabilità personale verso un consumo sostenibile di plastica.
Il ruolo di chi produce tecnologia rimane invariato: impegnarsi nella ricerca inesausta di soluzioni per la tutela e la conservazione del nostro prezioso pianeta.