L’acqua è una risorsa indispensabile per il nostro sostentamento: dall’acqua che beviamo a quella per preparare i nostri alimenti, fino a quella per curare la nostra igiene. Crescono le preoccupazioni per il suo inquinamento e la sua qualità chimica. Diversi monitoraggi allarmano sulla presenza, nelle acque e nel suolo, di PFAS, sostanze chimiche di origine industriale. Ma qual è la portata di questa contaminazione? Si tratta di un’effettiva minaccia per la nostra risorsa idrica?
PFAS, il pericolo dei composti perenni
PFAS è una sigla che sta per PerFluorinated Alkylated Substances, ovvero sostanze alchiliche perfluorurate e polifluo. Ma che cosa sono concretamente? Si tratta di un gruppo di oltre 10.000 sostanze ampiamente utilizzate in ambito industriale per produrre, tra le varie cose, pesticidi, cosmetici, apparecchi elettronici e abbigliamento da esterno. I PFAS godono di alcune caratteristiche chimico-fisiche, come l’essere antimacchia, idrorepellenti e liporepellenti.
I PFAS sono anche detti sostanze chimiche perenni (forever chemicals) perché grazie alla loro forte stabilità termica e chimica non si biodegradano facilmente, permanendo nel tempo. Questo causa preoccupazioni per l’impatto sulla salute umana oltre che sulla flora e sulla fauna. Le rilevazioni confermano inoltre che i PFAS contaminano il suolo e le acque raggiungendo le riserve idriche destinate all’uso potabile, a causa dello smaltimento inappropriato di reflui industriali e rifiuti. Anche il cibo che portiamo in tavola è a rischio, visto che queste sostanze si accumulano nelle coltivazioni e nei tessuti degli animali da allevamento. Bere acqua contaminata infatti porta a un bioaccumulo di PFAS nell’organismo, le sostanze si sommano a ogni esposizione con rischi per la salute.
La contaminazione delle acque in Europa
Una valutazione dello stato delle acque in Europa svolto dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) ha mostrato che solo il 29% ha goduto di un buono stato di salute tra il 2015 e il 2021, e che la maggior parte di laghi, fiumi e acque costiere presentano almeno un tipo tra le varie sostanze chimiche perenni, tra cui i dannosissimi PFOS.
Secondo i dati forniti dall’AEA nel 2022, la presenza di questi composti nocivi è riscontrata a livelli più alti di quelli consentiti dagli standard di qualità ambientale, nel 59% dei fiumi monitorati, nel 35% dei laghi e nel 73% delle acque di transizione e costiere.
Inoltre, circa il 23% delle acque sotterranee risulta qualitativamente al di sotto dei livelli di soglia per uno status chimico sano. Un dato che deve portare a riflettere, considerando che in Europa circa il 65% dell’acqua consumata per bere ha origine da falde sotterranee.
La situazione italiana
Per quanto riguarda le acque del nostro paese i dati ISPRA sul periodo 2019-2022 confermano una contaminazione presente in almeno il 17% delle acque controllate, contro un restante 83% di acque incontaminate dalla presenza di PFAS.
Tuttavia, l’inquinamento interessa tutte le regioni in cui sono stati effettuati i controlli, per un totale di circa 18 mila analisi positive alle sostanze chimiche perenni. Si tratta dunque di un inquinamento diffuso in tutto il paese anche se a livelli differenti vedendo in testa le regioni Basilicata (31%), Veneto (30%) e Liguria (30%).
Strategie e provvedimenti
Visto l’aumento di osservazioni di alta concentrazione di PFAS nelle acque dolci e potabili, la Commissione Europea ha introdotto nuove linee guida per accelerare e uniformare i processi di monitoraggio delle sostanze PFAS.
La normativa presenta in particolare due voci che portano cambiamenti alle modalità di monitoraggio:
- Abbassa la soglia per quanto riguarda il numero di PFAS giudicata sufficiente a compromettere lo stato di salute chimico dell’acqua: 0,50 µg/l per il parametro PFAS-totale e 0,10 µg/l per il parametro somma di PFAS.
- Riduce i limiti di quantificazione (ovvero la concentrazione minima di analita determinabile in un campione di acqua): 0,15 µg/l per il parametro PFAS-totale e 0,03 µg/l per il parametro somma di PFAS
Il 12 gennaio 2026 è la data di scadenza entro la quale tutti gli Stati membri dell’Unione Europea dovranno adeguarsi nell’adottare i nuovi criteri di monitoraggio, prestando attenzione anche alla frequenza di monitoraggio da calibrare in base alle valutazioni di rischio di contaminazione da PFAS.
Ricerche e monitoraggi sono la chiave di volta per mantenere sotto controllo la situazione PFAS al fine di tutelare non solo le acque e i suoi ecosistemi ma anche la salute dei cittadini.