Il ciclo delle acque è gestito in Italia dal Servizio Idrico Integrato – SII. Il Servizio Idrico Integrato è costituito in realtà da tanti servizi, tutti quelli che si occupano della distribuzione dell’acqua per usi civili, industriali o misti, dal prelievo all’utilizzo, dallo scarico alla depurazione. Le infrastrutture coinvolte nei servizi sono gli acquedotti che riforniscono le utenze; la fognatura per la raccolta e lo smaltimento; la depurazione per il trattamento delle acque reflue. E poi dighe, invasi, impianti per il trattamento. Dall’introduzione del SII a oggi il panorama dell’utilizzo della risorsa idrica è cambiato, anche se con ombre e discontinuità territoriale, casi eccellenti e arretratezze.
La normativa del servizio idrico italiano
Il servizio idrico integrato è stato introdotto in Italia con la Legge Galli del 1994. La Legge Galli ha stabilito i principi fondanti:
- Tutte le acque superficiali e sotterranee sono pubbliche in Italia.
- Il consumo umano ha la priorità sugli altri usi.
- L’acqua è un bene da tutelare per le generazioni future e il suo utilizzo deve rispettare il patrimonio idrico e ambientale.
- Il servizio deve essere organizzato in ambiti territoriali abbastanza grandi da sostenere i costi e rendere efficaci gli investimenti.
- Le “Autorità d’ambito ottimale” organizzano il servizio e lo controllano, affidano la gestione, stabiliscono tariffe uniche per ciascun ambito, proporzionate e capaci di coprire costi e investimenti.
Nel 2006 il Decreto legislativo 152 sostituisce la legge Galli mantenendone i contenuti e introduce principi di “efficienza, efficacia ed economicità”.
Come funziona la gestione dell’acqua
In Italia le reti idriche e gli impianti sono pubblici e non possono essere ceduti a società private. La gestione invece può essere affidata a società terze.
Le varie funzioni legate all’utilizzo della risorsa idrica sono organizzate in modo gerarchico e per competenze:
- Stato e Regioni stabiliscono gli indirizzi.
- Gli enti locali hanno la funzione di governare e controllare.
- I Gestori amministrano il servizio.
A “capo” del sistema di controllo e regolazione c’è ARERA, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente. Sono inoltre variamente coinvolti nel processo di regolazione le Autorità di bacino, il Ministero dell’Ambiente, il Ministero dei Trasporti, le Regioni, gli Enti che governano gli ATO a cui partecipano i Comuni.
I gestori idrici in Italia
La gestione può essere in house o affidata a società interamente pubblica o a società mista pubblico-privata con gara pubblica.
Secondo i dati ISTAT 2020 – 2022, sono 2.391 le gestioni per l’uso civile. 1997 sono Enti locali, 394 aziende idriche, 8 le multiutility quotate in borsa. Nel tempo i gestori sono diminuiti: 161 in meno nel 2020 rispetto al 2018.
Gli indirizzi legislativi non sono stati applicati uniformemente. Ci sono situazioni che rimangono poco efficienti e dove non è stata superata la frammentazione.
L’acqua potabile è prelevata in gran parte (oltre il 90%) da gestori specializzati, solo il 9,7% da gestori in economia. Quanto alla distribuzione invece, è circa l’80% in mano a gestori specializzati, i gestori in economia sono concentrati in alcune regioni del Sud e in alcune Regioni a statuto speciale.
Complessivamente l’83,7% della popolazione a fine 2020 è servita da gestori specializzati ed è al Centro e al Sud che si trovano principalmente i gestori in economia.
La fognatura è il servizio con più gestori, la depurazione quella con il minor numero. Ancora lo “Sblocca Italia del 2014” e oggi il PNRR richiamano al principio del gestore unico per ogni ATO – “Ambiti Territoriali Ottimali”. Questo incide su una serie di criticità, per alcune delle quali il nostro Paese è stato anche richiamato con procedure di infrazione dall’UE.
Le dispersioni idriche
Sempre secondo i dati ISTAT, si perdono 3,4 miliardi di metri cubi tra l’acqua che entra nella rete idrica e quella erogata.
La percentuale è sconfortante: il 42,2% dell’acqua immessa in rete, 157 litri pro capite al giorno, si perde in infrastrutture inefficienti.
Se trattenuta in un sistema sostenibile quest’acqua servirebbe 43 milioni di persone per un anno. E anche in questo caso il Centro e il Sud hanno le percentuali più alte di perdite. Il valore più basso invece è nel territorio del fiume Po.
Il problema fognature e quello della depurazione
Nel 2020 l’88,7% degli italiani risultava allacciato alla rete fognaria pubblica. 40 sono i comuni privi di allaccio alla fognatura pubblica e sono soprattutto in Sicilia.
296 comuni non hanno servizio di depurazione, soprattutto comuni del Sud, piccoli o medi: sono prevalentemente in zone rurali, 67 sono invece sulla costa.
L’Italia ha un ritardo grave e cronico nella messa a norma dei sistemi fognari e di depurazione. Per questo il nostro Paese è tuttora sottoposto a procedure di infrazione per non aver attuato la direttiva 271 dell’Unione europea sull’adeguato trattamento delle acque reflue urbane. I 939 centri urbani coinvolti riguardano 29 milioni di abitanti e 2.500 comuni, prevalentemente al Sud ma anche al Centro e al Nord. Quanto ci costano queste procedure? L’Italia paga 60 milioni di euro all’anno per quattro procedure di infrazione in corso. Nel 2020 è stato istituito un Commissario Straordinario Unico che deve coordinare, realizzare e controllare i lavori necessari ad adeguarsi e superare le infrazioni.
I fondi PNRR
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza stanzia complessivamente 4,38 miliardi di euro per la “Tutela del territorio e della risorsa idrica”:
- 2 miliardi per nuove infrastrutture idriche primarie;
- 900 milioni per digitalizzare e monitorare le reti di distribuzione dell’acqua potabile, con l’obiettivo di ridurre le perdite del 15%;
- 800 milioni per ammodernare i sistemi di irrigazione, a fronte di cambiamenti climatici e siccità;
- 600 milioni per i sistemi di depurazione, per aumentare l’acqua da riusare e per superare le criticità che causano le infrazioni comunitarie.
I fondi accessibili con il PNRR in realtà non sono sufficienti per rispondere a tutte le richieste. Per il capitolo fognature e depurazione, ad esempio, sono 1.000 gli interventi richiesti dalle Regioni per oltre 3 miliardi di euro. Oltre alla quantità delle opere necessarie, pesano i tempi e le lungaggini burocratiche: sono in media oltre 5 gli anni per realizzare un’opera idrica.
L’acqua è un bene di tutti e la legge Galli ha avuto il merito di affermarlo. Un sistema efficiente è essenziale perché l’acqua sia davvero di tutti, in quantità e in qualità, e soprattutto sia un bene anche per le generazioni del futuro. Sta a tutti noi dare un contributo perché il nostro Paese superi arretratezze e disuguaglianze anche nella gestione del bene più prezioso.
Fonti
https://www.istat.it/it/files//2023/03/GMA-21marzo2023.pdf
https://www.proger.it/water-economy-in-italy/