La scarsità di acqua dolce è un problema cruciale a livello planetario, originato da molteplici cause, tra cui lo stile di vita contemporaneo, l’inquinamento, la pressione demografica. Il quadro di sofferenza si complica anche in ragione degli stessi cambiamenti climatici in atto. In Italia ad esempio incidono anche il dissesto idrogeologico, la mancanza di infrastrutture o la loro manutenzione. Oltre a incidere sulla tutela della risorsa, il fattore decisivo è il recupero dell’acqua all’interno di un ciclo integrato che rientra nel canone dell’economia circolare. E in questo ciclo dell’acqua un ruolo fondamentale è svolto dal sistema della depurazione, nel quale agiscono enti pubblici, gestori dell’acqua, imprese del settore.
Il ciclo chiuso dell’acqua
Il ciclo integrato dell’acqua attraversa le fasi del prelievo, utilizzo, depurazione, riuso. Le acque reflue in quest’ottica diventano una preziosa risorsa, come evidenziato nel 2017 dal Rapporto Unesco: “Acque reflue. La risorsa inesplorata”.
Il report evidenzia il grande sfruttamento mondiale della risorsa idrica dove il 44% è consumato in agricoltura per evaporazione dall’irrigazione, il 56% ritorna all’ambiente da scarichi reflui civili, industriali e da drenaggio agricolo. Mentre i paesi ad alto reddito depurano le acque per il 70%, a mano a mano che si scende nel reddito, si abbassa anche la percentuale di acque reflue depurate. Complessivamente si stima che l’80% delle acque nel mondo siano restituite all’ambiente senza depurazione adeguata. Oltre alle potenziali emergenze ambientali e igienico-sanitarie, si intuisce il grande potenziale del riutilizzo della risorsa idrica depurata in agricoltura, in industria, per l’acqua potabile, come fonte di materie prime.
La centralità dei dati
Porsi obiettivi di tutela della risorsa dell’acqua e di riutilizzo dei reflui per combatterne la scarsità, in linea con le attuali politiche europee in tema di ambiente e salute, significa necessariamente prima di tutto avere un quadro statistico aggiornato, chiaro, completo sulla risorsa idrica. Solo a partire dai dati è possibile fissare strategie adeguate.
In Italia, in questa direzione, è l’ISTAT stesso a dichiarare la difficoltà a ottenere dati nazionali organizzati in un quadro complessivo, a causa sostanzialmente della frammentazione della gestione.
Lo stato della depurazione in Italia
Ma qual è lo stato dell’arte della depurazione in Italia? L’ISTAT fa un censimento triennale, il prossimo step è quello relativo all’anno 2018 di cui sono stati raccolti i dati nell’anno in corso. I dati a disposizione sono dunque quelli del 2015, come riportati anche in un recente report ISTAT: “Utilizzo e qualità della risorsa idrica in Italia”.
Gli impianti in esercizio sono 17.897. Il Nord è il territorio con il maggior numero di impianti: nell’ordine in Piemonte, Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto. Il 46,8% sono vasche Imhoff, il 44,2% impianti secondari o avanzati, il 9% impianti primari. Lombardia e Veneto hanno molti impianti di tipo avanzato. Anche se – proporzionalmente – anche Sud e Isole hanno percentuali elevate di trattamenti avanzati. Gli impianti di tipo avanzato – seppur non maggioritari – trattano però oltre la metà (66,7%) dei carichi inquinanti.
Stimando i reflui potenziali sulla base degli Abitanti equivalenti totali urbani e raffrontandoli con quanto effettivamente depurato, risulta ancora un gap. La domanda di depurazione è di circa 98 milioni di Abitanti equivalenti, contro i 75 milioni serviti.
I carichi inquinanti di tipo civile sono sottoposti a trattamento almeno secondario nella misura del 59,6% rispetto al potenziale. La percentuale è del 64,6% nel Nord-ovest, più basse le percentuali nelle altre zone d’Italia con differenze da Regione a Regione.
I grandi impianti, presenti principalmente nel Nord-ovest, depurano il 61,4% del carico depurato in termini di Abitanti equivalenti e sono in prevalenza di tipo terziario/avanzato. Quanto agli scarichi, avvengono in mare (16,7%) e nelle acque superficiali (80,3%).
Interessanti anche i dati specifici dei Comuni litoranei. La qualità dell’acqua di balneazione è eccellente per il 91,9% del totale monitorato, ma 42 Comuni sono privi di impianto pubblico di depurazione, quasi tutti al Sud.
Richieste e sanzioni dall’Europa
Sin dal 1991, attraverso una specifica Direttiva CEE, l’Europa chiede agli Stati membri l’adeguamento degli impianti di trattamento delle acque reflue e del sistema fognario. Quest’anno l’Italia è stata sanzionata con 25 milioni di euro per mancato adeguamento di 74 agglomerati urbani difformi. E altre procedure di infrazione sono in corso.
Se si considerano questi dati e si guarda alle disparità tra Nord e Sud, è evidente che la situazione dell’Italia è complessa e necessita di azioni integrate, coese, coerenti, non solo per garantire gli standard di depurazione su tutto il territorio. È necessaria una concreta politica del ciclo integrato delle acque, con investimenti adeguati sia del settore pubblico che di quello privato.